KHARTOUM , in un Sudan insanguinato ormai da una settimana di combattimenti che vedono frapporsi le truppe del presidente di fatto del Sudan, il generale Abdel Fattah al-Burhan, e le Forze di supporto rapido (RSF), guidate dal generale Mohamed Hamdane Dagalo. Continuano a lanciare e colpire i colpi di artiglieria e sempre più intensi scontri diretti tra esercito e paramilitari continuano a risuonare a Khartoum. Il bilancio delle violenze oscilla fra le oltre 400 certificate dall’Onu e le 600 dichiarate dal ministero della Sanità sudanese.
L’avvio dell’Eid al-Fitr, la ricorrenza che segna la fine del Ramadan, è stato macchiato da nuove violenze, diminuite poi nella notte e riprese poi in mattinata, sono segnalate nella capitale, dove i cinque milioni di abitanti rimangono bloccati nelle case, nonostante le carenze di cibo, acqua ed elettricità, oltre al caldo torrido, e nel resto del Paese africano, in particolare nella regione occidentale del Darfur. L’Esercito, aveva formalmente accettato il cessate il fuoco chiesto qualche giorno fa dal segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, dopo una riunione con le organizzazioni regionali e continentali, e reiterato dal capo della diplomazia statunitense, Antony Blinken.
Dopo la morte di 4 operatori umanitari dell’Onu e di un cittadino degli Stati Uniti, diversi Paesi hanno mobilitato navi e aerei per facilitare l’evacuazione dei propri concittadini. Ieri l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha denunciato l’uccisione di un membro del proprio staff in Sudan, per il «fuoco incrociato a sud di El Obeid», dopo i tre dipendenti del Programma Alimentare Mondiale morti in Darfur. Da Washington, il dipartimento di Stato ha confermato che un cittadino Usa è rimasto ucciso negli scontri in Sudan. Il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, ha annunciato che l’esercito statunitense sta lavorando ai piani di evacuazione dell’ambasciata a Khartoum.
Da Bruxelles, sono arrivate notizie che porterebbero a pensare che si sta lavorando affinché diventi operativo un programma di pianificazione per un’evacuazione appena si palesino le condizioni operative di cittadini dell’Unione europea dalla capitale sudanese, si tratta di un cospicuo numero di cittadini europei che si aggirerebbe intorno ai 1.500 passeggeri, attualmente bloccati a Khartoum, perché l’aeroporto è chiuso. Secondo fonti riportate dalla stampa internazionale, anche Londra sta pianificando con le Forze Armate Britanniche un piano operativo di deflusso in tal senso, si starebbero preparando a una evacuazione per via aerea del personale di ambasciata e dei cittadini del Regno Unito. Allo stesso scopo, il Giappone ha inviato un proprio aereo a Gibuti, nel Corno d’Africa. Cosi come la Corea del Sud, ha mobilitato una unità navale nelle acque al largo del Sudan e diversi velivoli da trasporto.
L’Arabia Saudita, attraverso il ministero degli Esteri, ha iniziato a predisporre l’evacuazione dal Sudan dei propri cittadini e di altri Paesi «fratelli», ha fatto sapere la diplomazia di Riyad. In una recente dichiarazione, l’Esercito di al-Burhan ha chiesto a Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Cina di evacuare le rappresentanze diplomatiche e i loro cittadini dal territorio sudanese.
L’incertezza sul campo resta massima ed anche il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha lanciato un appello per una tregua, necessaria per assistere i sudanesi colpiti, ricordando che si tratta di «un obbligo legale ai sensi del diritto umanitario internazionale». L’organizzazione Medici senza frontiere, ha fatto sapere che sono intanto saliti a quasi 400 i feriti curati al South Hospital di El Fasher, nel nord del Darfur, aggiungendo che le due sale operatorie del centro sono operative 24 ore su 24 e che l’ospedale rischia di rimanere senza scorte tra 3 settimane. Ancora un conflitto che prende piede, quasi nella totale indiferrenza globale, sarebbe necessario che le istituzioni, i governi oltre a mettere in salvo la vita dei propri cittadini con dei piani particolari di deflusso dall’area critica, escogitassero in concomitanza un piano che portasse ad un tavolo i responsabili di questa ennesima crisi bellica e far conciliare le parti affinche si eviti ancora una volta un inverosimile spargimento di vite umane.
A cura di: Raffaele Fattopace