Ernest Pignon Ernest rifiuta le etichette di “graffitista” o di “street artist” ma, di fatto, ha anticipato di un quarto di secolo il linguaggio che oggi attribuiamo ad artisti popolari come Banksy, esprimendosi con una cifra inconfondibile. È nato a Nizza e ha vissuto a lungo in quella città, tanto mediterranea quanto Napoli. Si riconosce nella definizione di “artista poroso” che ho scelto per lui. Nella città partenopea è arrivato negli anni Ottanta e ha raggiunto la fama andandosene in giro di notte ad affiggere sulle pareti degli edifici del centro storico, per le strade, nel cuore pulsante della vita urbana ritratti, di cristi, madonne, santi, stancil ispirati alle tele di Caravaggio, Mattia Preti, Massimo Stanzione e Luca Giordano. Come pochi è riuscito a instaurare un rapporto epidermico con la città, a penetrarne lo spirito barocco. Le sue opere – benché effimere – hanno lasciato un segno indelebile nella memoria dei napoletani.
Forse grazie alla forza delle fotografie di Alain Volut che le ha immortalate. Forse perché Pignon ha saputo esprimersi attraverso quella “retorica della meraviglia” che a Napoli, più che altrove, fonda la comunicazione.
Ha amato molto la cucina locale, soprattutto i #ciurilli# (fiori di zucchine ripieni di ricotta), e gli spaghetti alle vongole.
Yvette Ollier, sua compagna di vita e di avventure artistiche, originaria di Saint Étienne, è stata attrice teatrale ed è autrice di documentari e serie tv sulla cucina come D’après nature, sulla storia dei frutti e dei legumi e Des Goûts et des Couleurs che raccoglie quindici ricette di cucina tradizionale di diverse parti del mondo.
Ho incontrato Ernest e Yvette nella sede dell’Istituto Francese in via Crispi a Napoli nel marzo 2014, in occasione del 25° anniversario del primo intervento di Ernest Pignon-Ernest nei vicoli di Napoli.
Ernest e Yvette sono tornati a Napoli nel giugno 2015 per un lavoro dedicato a Pier Paolo Pasolini nel quarantennale del suo assassinio. Per ricordarlo Pignon ha voluto riportare una traccia del poeta nel chiostro di Santa Chiara dove fu girata una scena del Decameron.
Questa intervista è inedita. Una versione video per la regia di Simone Rigamonti e Matteo Berardone è stata realizzata grazie al collettivo Sikozel (Luca Avanzini, Amandine Robinet, Camilla Colzani, Federico Cavalleri) e sarà pubblicata prossimamente sul sito I Granai della memoria (http://www.granaidellamemoria.it).
H.S: Ernest, il tuo lavoro ha molto a che fare con la memoria, con il senso del tempo. C’è un cibo che tu consideri la tua “madeleine”, un cibo che ti riporta all’infanzia, un piatto che ti preparava tua nonna?
E.P: Si, ma piuttosto mia madre. Per me il ricordo è la “pissaladière”. “Pissaladière” deriva da pizza, è un piatto a base di cipolle. È un ricordo molto pregnante per me, perché da bambino e fino a quasi vent’anni, abitavo in un vicoletto e la mia stanza era sopra la cucina di un ristorante molto popolare a Nizza che faceva la pissaladière. Per tutta la mia infanzia ho visto la donna del ristorante che cucinava le cipolle nel cortile. La mia stanza era al secondo piano proprio sopra il ristorante e quindi tutta la mia infanzia ho sentito l’odore delle cipolle e ora quando lo sento è un’emozione, mi ricorda la mia giovinezza. È un piatto che faceva anche mia madre e che ora fa Yvette. Per me è il piatto più carico di memorie.
H.S: Tu sei bravo in cucina o ti affidi solo a Yvette che è una cuoca meravigliosa. Cucini anche tu?
E.P: Io no, io apprezzo solamente.
H.S: Yvette tu sei stata invece un’attrice di teatro però ti sei occupata recentemente anche molto di cucina, hai scritto dei programmi per la televisione.
Y.O: Ho realizzato per la televisione francese una serie sulla cucina, la cucina quotidiana, domandando a persone di provenienze diverse, sia francesi, delle varie regioni della Francia, del Mediterraneo e del Nord, sia a persone di altre nazionalità che vivono da noi – c’era un africano, uno spagnolo, un portoghese, un arabo – di raccontare una ricetta della loro regione, del loro paese. Raccontavano sempre una ricetta della propria mamma, era sempre così. Ne abbiamo fatto un piccolo film, un film molto “grafico” perché filmavamo tutti gli ingredienti, c’erano piccoli disegni, era molto carino e si sentiva la voce della persona che raccontava la propria ricetta.
H.S: Qual è il tuo piatto della memoria, la tua “madeleine”?
Y.O: Io non sono nata a Nizza. Ho passato la mia infanzia nella regione di St. Etienne e Lione e lì la cucina è molto varia ma probabilmente meno tipica della cucina mediterranea. Era molto varia. Non ho una ricetta particolare. Mia madre faceva delle cose molto semplici ma anche “golose” come la torta di riso. E poi mia nonna aveva un giardino con dei ciliegi e si facevano i “clafoutis”, dei dolci con le ciliege, molto molto buoni.
H.S: Tu apprezzi la dieta mediterranea?
Y.O: Sì la cucina mediterranea mi piace molto. Adesso faccio molto la cucina mediterranea, uso l’olio d’oliva mentre nella regione di S. Etienne, a Lione, si usano piuttosto la panna e il burro.
C’è il burro nella Francia del Nord e l’olio d’oliva nella Francia del Sud e io adesso faccio molte cose con l’olio d’oliva. C’è un piatto veramente tipico della regione mediterranea ed è la “ratatouille”. È un piatto con le tipiche verdure del Sud, ci sono le melanzane, le zucchine, i peperoni, le cipolle, le olive, tutto cotto molto lentamente. Mi piace molto.
H.S: Ernest, quando pensi alla dieta mediterranea a quale piatto pensi?
E.P: Penso anche alla ratatouille, ma amo piuttosto piatti come l’insalata nizzarda, piatti con le verdure crude, i pomodori, i carciofi, le fave, conditi con l’olio d’oliva. Per me il condimento mediterraneo è l’olio d’oliva, è sempre l’olio d’oliva, il mio ricordo è questo. Andavo a scuola con il pane e l’olio d’oliva. Anche le persone che facevano l’olio d’oliva fanno parte dei miei ricordi, sono delle mie “madeleine”, persone molto orgogliose del loro lavoro, come quelle che fanno il vino. È capitato di trovarci alla prima spremitura delle olive e di mangiare il pane con l’aglio e l’olio appena spremuto. C’è una cucina mediterranea molto fresca, molto leggera semplice come l’insalata nizzarda, ma allo stesso tempo gustosissima. Mi sono reso conto, quando sono stato in Palestina non molto tempo fa, che anche quello è il Mediterraneo. Ci sono molte ricette con i ceci e con l’olio d’oliva e a Nizza il piatto più popolare, assieme alla “pissaladière”, è un piatto che si chiama la “soca”, una specie di crépe alta tre o quattro millimetri. messa su un grande piatto e cotta nel forno. Consiste semplicemente in farina di ceci, olio di oliva e acqua e si mangia per la strada, a pezzetti, su un foglio di carta. E io adoro questo, sono i ricordi della mia infanzia. Era il piatto più popolare, il più economico, il più povero.
H.S: Se dovessi definire il Mediterraneo come spazio, come luogo, come lo definiresti? Dici spesso che sei un artista mediterraneo…
E.P: Io credo molto al Mediterraneo, non credo all’Europa. Non sento di avere niente in comune con gli olandesi o con i tedeschi. Mi sento molto più vicino alla Spagna, all’Algeria, al Magreb. E sono stato molto bene, qualche tempo fa, anche in Palestina. Per me è veramente il bacino del Mediterraneo: l’olio d’oliva, i ceci, le olive […]. Tutto ciò per me è il Mediterraneo.
H.S: Venticinque anni fa sei stato a Napoli per la prima volta – siete stati a Napoli, anche Yvette era con te – e siete stati spesso nel centro storico insieme alla gente. C’è qualche ricordo anche gastronomico di quel periodo?
E.P: Cercavo una connivenza, una similitudine, e l’ho ritrovata ancora ieri nei fiori di zucchine. Ho dei ricordi di mia madre con i fiori di zucchine […] andava al mercato la mattina e quando ci alzavamo c’erano questi fiori, molto belli, gialli, arancione, messi così, a testa in giù, per non farli chiudere. E sin dall’inizio quando sono venuto a Napoli ho visto che anche qui si mangiano i fiori di zucca. E anche la trippa, che è una specialità di Nizza. Ma è ridicolo parlare di cibo a Napoli senza parlare della pizza e della pasta.
H.S: Anche per Yvette?
Y.O: Si io qui mangio spesso gli spaghetti alle vongole, mi piacciono moltissimo. Ieri abbiamo trovato i fiori di zucchine farciti con la ricotta, erano buonissimi.
E.P: Gli spaghetti alle vongole riuniscono le cose: c’è la pasta, l’olio d’oliva e poi il mare, con le vongole o i frutti di mare. Probabilmente questo è il piatto che meglio riassume l’idea di piatto mediterraneo.