Il tango è la testimonianza storica e culturale di un paese complesso come l’Argentina, ma è anche e soprattutto l’espressione di un lirismo universale, nutrito di sentimenti eterni come la malinconia, la nostalgia, la passione, la rabbia.
“Il tango – diceva Borges – è un pensiero triste messo in musica”.
Il poeta Horacio Ferrer, ricordando che nella composizione dei testi per il tango ci si affida alla melodia più che al ritmo, rimarca il legame tra questa danza e i temi della letteratura universale: la vita, il tempo, l’amore e la morte.
Ripercorrendo la storia del folclore argentino e delle sue tradizionali musiche, possiamo farne risalire l’origine all’arrivo dei missionari nel XVI secolo, che riunivano gli indigeni del luogo e cominciarono ad insegnare loro nuove canzoni, al fine di “civilizzarli”. La prima provincia a ricevere il contributo culturale ispanico fu Tucumán.
Nel XVII secolo la musica, la danza e il canto progredirono molto e diverse province del territorio nazionale iniziarono ad organizzare incontri in cui predominavano tutte queste forme di espressione artistica. A questo, si aggiunse anche l’utilizzo di nuovi strumenti.
Nel XVIII secolo il contributo europeo si intensificò grazie all’arrivo di musicisti qualificati dal vecchio continente, con nuovi strumenti, spartiti e libri di musica. Nello stesso periodo, la musica popolare cominciò a subire anche una piccola ma importante influenza da parte degli schiavi provenienti dall’Africa e dei loro ritmi.
Il XIX secolo fu, senza dubbio, il momento più importante nella formazione della musica popolare argentina. Al di là della creazione dell’Inno Nazionale e del Teatro Colón, cominciarono ad emergere le prime orchestre e cori che si diffusero su tutto il territorio, gettando le basi dell’identità della musica folkloristica nazionale.
La musica argentina comprende vari generi che mantengono relazioni tra di loro: il Tango, forma musicale riconosciuta nel mondo intero, e la Murga, influenzata dal Tango e espressione delle proteste del popolo argentino e con l’arrivo del XX secolo, si fecero strada gruppi rappresentativi di ogni regione, interpretando la musica popolare attraverso chacarera, zamba, vidala, huayno, gatto, cueca e altri ritmi.
Negli anni Quaranta, il folclore cominciò a diffondersi nelle grandi città e, negli anni Sessanta, raggiunse una delle sue più grandi espressioni: il Festival de Cosquín, il più importante e rappresentativo della musica popolare argentina, che debuttò nel 1961. Il contributo di questo evento non fu solo musicale, ma anche sociale e politico.
L’arte, però, più nota che rappresenta la quinta essenza della cultura del paese è il tango argentino. Un’espressione artistica che unisce musica e ballo insieme in modo indissolubile: malinconico, sensuale, triste, passionale, elegante. La storia del Tango inizia a Buenos Aires ai primi del 900, quella che nasce è una musica triste, malinconica, nata dagli immigranti costretti a lasciare le proprie case, nasce dall’incontro della cultura popolare europea con quella locale, caratterizzata da una etnia di origine africana con in suoi ritmi musicali. Tantissimi europei e italiani migrarono verso l’Argentina, dove trovarono una cultura già affermata nella quale si integrarono, ma dalla quale furono anche relegati assieme agli altri emigranti, agli schiavi neri liberati e i gauchos delle Pampas trasferiti in città anche loro in cerca di fortuna. Ognuno portava con sé le proprie poche cose, tra cui le proprie tradizioni, i propri canti e i propri balli, mischiati alla disperazione e alla malinconia. Insieme si trovavano nei quartieri creati per gli immigrati, ed è qui che si mischiarono le loro storie, i loro ritmi e nacque la Milonga, un ritmo legato alla terra, in cui nelle coppia balla l’uomo assume il ruolo di guida.
La Milonga entra nelle case ma subito si trasforma in qualcosa di più morbido e lineare,
si trasforma in un 4/4, il Tango.
All’inizio si ballava dentro le case dove le donne venivano pagate per ballare con gli uomini. Presto il Tango venne scoperto dalla borghesia e da qui il salto ai salotti europei fu breve.
In Europa il lato sensuale ed energico del tango fu subito apprezzato ma anche criticato fortemente, tanto da essere bollato come osceno e immorale tanto che il papa Papa Pio X chiamò una coppia di ballerini di tango per avere un’idea precisa del nuovo ballo e per valutarne gli aspetti scandalosi. Il ballo entrò comunque nei salotti buoni europei e da qui tornò in Argentina dove fu adottato dalla borghesia e nacquero i primi locali dedicati esclusivamente a questo ballo: le Milonghe.
Le serate a Buenos Aires erano vivaci, con moltissime milonghe aperte ogni sera, ognuna con musica dal vivo, ognuna in competizione con le altre. La richiesta e la competitività portarono a formazioni orchestrali sempre più ampie.
Gli anni ’40 sono quelli che vengono chiamati “epoca de oro” e dove sono stati scritti i migliori Tanghi, ma anche i peggiori perché la quantità di richieste venivano soddisfatte spesso in maniera frettolosa e poco accurata.
Il tango argentino è un ballo basato sull’improvvisazione, caratterizzato dall’eleganza e dalla sensualità i cui fondamenti principali sono l’abbraccio e la camminata. Essendo un ballo basato sull’improvvisazione non esiste il concetto di sequenze predefinite, e sta alla capacità dell’uomo costruire il proprio ballo passo dopo passo. Questo non significa che l’uomo “inventa” i passi, ma solo che deve avere la capacità di concatenare i movimenti del tango in maniera sempre diversa.
Oggi moltissime scuole oramai abbracciano un sistema didattico basato sulla destrutturazione dei movimenti, dove la libertà è massima e le possibilità di movimento aumentano. Questa nuova didattica, le cui capitali sono Buenos Aires, Parigi e Roma, prende il nome di “Tango Nuevo”.