Perché mangiamo quello che mangiamo? La risposta suggerita dal buon senso è che scegliamo di mangiare quello che ci piace. Ed è una risposta corretta: il gradimento è il principale fattore di influenza delle nostre scelte alimentari. La questione è però più complessa: la letteratura scientifica ha evidenziato un legame tra il cibo e la costruzione ed espressione dell’identità sia sociale sia personale: siamo ciò che mangiamo, non solo in termini biologici, ma anche in termini simbolici. Le pratiche alimentari rimandano infatti alle diverse appartenenze collettive e manifestano l’adesione individuale ad uno stile di vita.
Questo spiega perché in molti casi l’obesità non dipenda da fattori organici ma si presenti collegata ad una alterazione del comportamento alimentare di origine psicologica o psico-sociale.
Il supporto psicologico diventa perciò un elemento molto importante nella gestione e nel trattamento del paziente obeso, dal momento che i fattori psichici possono incidere sia come cause che come effetti e conseguenze della patologia.
Rispetto alle cause, il cibo può diventare una sostanza da cui dipendere psicologicamente quando è vissuto o percepito come valvola di sfogo, come rifugio o come sostanza analgesica contro le sofferenze vissute durante la giornata, o contro situazioni di disagio o di conflitto. Pertanto stati d’animo come ansia, depressione, stress, inibizione emotiva possono influire sul rapporto con il cibo e causare un aumento di peso.
Spesso il cibo non è gustato, ma ingurgitato per riempire in fretta un opprimente senso di vuoto interiore, confuso con la sensazione di fame vera e propria. Mangiare, o meglio abbuffarsi, allora, può diventare, in mancanza di altre possibilità espressive, l’unica risposta indiscriminata a difficoltà affettive ed emotive. Un metodo facile ed economico per gestire il tutto è sicuramente il diario alimentare. Consigliato da medici e nutrizionisti a chi vuole perdere peso, il diario alimentare è da sempre un ottimo strumento anche semplicemente per chi vuole avere le idee più chiare sulla propria alimentazione. Tenere un resoconto di colazioni, pranzi e cene non solo aiuta ad avere una visione realistica della qualità e della quantità di quello che assumiamo in una giornata, ma potrebbe farci scoprire che introduciamo attraverso il cibo molte più calorie di quelle che sarebbero necessarie. Ecco perché il diario alimentare può aiutarci a eliminare quelle che sono di troppo o semplicemente a evitare gli alimenti non sani.
Qualità, quantità e orari. Sono queste le tre informazioni necessarie a costruire uno strumento fai da te che ci condurrà in una presa di coscienza dello stile alimentare che la maggior parte delle persone perseguono in maniera automatica e per lo più inconsapevole.
Non appena programmiamo di mangiare qualcosa, è meglio annotarselo subito dopo e per un periodo che, secondo gli esperti, per essere efficace dovrebbe essere di almeno 3 giorni alla settimana. Tenere un database di ciò che mangiamo e beviamo è infatti in grado di stimolare la consapevolezza necessaria ad affrontare ogni cambiamento. Non basta però segnarsi cosa e quando si mangia. Perché il diario alimentare sia uno strumento completo, soprattutto a uso e consumo dei dietologi che ci aiuteranno a riprogettare il nostro rapporto con il cibo, è necessario segnarsi soprattutto le quantità.
Il diario alimentare può anche servire per capire se si sta esagerando con le porzioni, strettamente legate al mantenimento del peso, tanto che la dietista americana Lisa Young, professoressa di nutrizione alla New York University e molto nota oltreoceano, ha dedicato al tema delle quantità di cibo che si portano in tavola il nuovo libro “Finally Full, Finally Slim”.