THAILANDIA – si vota per rendere legale quella che è a tutti gli effetti l’interruzione di una gravidanza entro le 12 settimane e in qualsivoglia circostanza (manca però il voto del Senato).
Il processo di riforma della legge sull’aborto iniziò il 19 febbraio dello scorso anno, quando la Corte Costituzionale si espresse sulla legittimità costituzionale circa gli articoli 301 e 305 del codice penale. Suddetti articoli, stabiliscono che l’aborto, procurato o indotto da terzi, è un crimine perseguibile con una multa e condanna a reclusione fino ai 3 anni, a meno che l’interruzione non risulti essere necessaria per la salute della donna o quando la gravidanza risulta essere frutto di uno stupro ma se non vi è alcuna denuncia ufficiale, allora l’aborto non è consentito e molte donne ricorrono agli aborti clandestini. Un esempio facilmente riportabile è che, nel 2010, giornali di mezzo mondo non avevano raccontato di come in un tempio thailandese fossero stati rinvenuti resti di circa 2 mila feti sepolti.
Nel febbraio 2020, la Corte Costituzionale della Thailandia aveva ordinato una riscrittura parziale molto restrittiva della legge sull’aborto entro il febbraio del 2021. A fine dicembre, la Camera dei rappresentanti thailandese ha votato a favore di un disegno di legge che, se approvato anche dall’alta camera, renderà molto presto l’aborto una pratica del tutto legale.
Alla camera, il Movimento in Avanti, quale partito di opposizione pro alla democrazia e contro il militarismo, aveva presentato anche un altro disegno di legge, il quale però – pur essendo molto più vicino alle richieste dei movimenti femministi – non fu approvato: questo proponeva di consentire l’aborto fino alla 24esima settimana; nel testo, per lo più, la parola “donne” fu sostituita da “individui”, poiché alcune di queste transgender. Da tempo, i movimenti femministi richiedono anche la cancellazione di quella sezione del codice penale che criminalizza l’aborto, superando una logica punitiva per riconoscere l’aborto stesso come una questione non solo di diritto, bensì di autodeterminazione.
La Thailandia ad oggi risulta ancora essere un paese molto tradizionale in cui i valori buddisti condannato la pratica dell’aborto ma anche molte altre cose. Sulaiporn Chonwilai, ricercatrice indipendente vicina al gruppo femminista Tam Tang, suggerisce che, in media, il 20-30% delle donne ha cercato di abortire dopo la 12esima settimana di gravidanza: la bozza sostenuta dal governo potrebbe dunque non tenere conto della realtà degli aborti nel paese o non ritenerla pratica eseguibile.
Secondo alcune organizzazioni non governative, sul fronte del diritto all’aborto, pare ci siano stati però notevoli progressi. Nel 2005 furono inserite diverse eccezioni alla normativa vigente dando così ai giudici, almeno in teoria, la libertà di un’interpretazione ampia: alcune donne che vivono in precarie condizioni o alcune ragazze adolescenti che non avevano possibilità alcuna di crescere un bambini, non sono state vittime di alcuna sentenza penale.
Resta però ancora molto lavoro da fare sul fronte dei diritti e dell’educazione. Il Bangkok Post riporta che, nel 2019, nel paese thailandese sono nati 63.875 bambine e bambini da ragazze aventi un’età inferiore ai 20 anni: di questi, 2.190 sono nati da donne che avevano mediamente meno di 15 anni.
A cura di Martina Garzia