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Theresa May si dimette. “Ho servito il Paese che amo”

Un fulmine si abbatte sul Regno Unito. Arriva la comunicazione della premier britannica, Theresa May: “Mi dimetto”. La premier britannica annuncia le dimissioni da leader del partito conservatore per il 7 giugno esprimendo “rammarico” per non essere riuscita ad attuare la Brexit e affidandone la realizzazione al suo successore alla guida dei Tory, che dovrà essere eletto nelle successive settimane per poi subentrarle come primo ministro a Downing Street.  Ha poi precisato che fino ad allora lei resterà in carica, soprattutto per accogliere il presidente americano Donald Trump nella prima settimana di giugno. Un breve discorso, pronunciato davanti a Downing Street, che si è concluso con la voce rotta dal pianto. “Ho servito il Paese che amo. Ho fatto del mio meglio, purtroppo non sono riuscita a far passare” la ratifica della Brexit, malgrado ci abbia “provato tre volte”. Lo ha detto Theresa May nell’annunciare oggi la resa e la sua uscita di scena da Downing Street in un discorso in cui ha di fatto tracciato la sua eredità politica, invitando chi le succederà alla guida dei Tory e del governo a portare a termine l’uscita dall’Ue ma anche a non considerare il compromesso una parola sporca. La premier britannica ha rivendicato quindi la politica di “un Partito Conservatore patriottico”, che nella sua visione deve continuare a mirare a “unire la nazione” e a ridurre anche le ingiustizie sociali, predicando “scurezza, libertà e opportunità”.  “Sono stata la seconda donna premier e non sarò l’ultima”, ha concluso la May emozionata, proclamandosi fiera di aver avuto l’onore di servire il suo Paese. Ma purtroppo sarà ricordata come la premier che non è stata capace di portare a termine la Brexit e che è rimasta molto lontana dal suo modello, Margaret Thatcher. Al suo successore il compito di raccogliere i cocci. Il favorito resta Boris Johnson, ma la corsa è aperta: e in ogni modo le contraddizioni della Brexit restano tutte lì. La May ha fallito perché non è riuscita a conciliare l’esigenza di portare a termine il mandato del referendum del 2016, ossia l’uscita dalla Ue, con la necessità di non infliggere gravi danni all’economia britannica. Una quadratura del cerchio che si è rivelata impossibile e che ora tocca ad altri provare a immaginare.

Gb, l addio tra le lacrime di Theresa May

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