Veltroni l’aveva detto: “Senza L’Unità saremo tutti più poveri”. È trascorso circa un anno da quelle dichiarazioni postume all’annuncio che lo storico giornale voce della sinistra, fondato da Antonio Gramsci nel 1924, si apprestava a chiudere i battenti a causa della crisi economica che l’aveva messo in ginocchio.
È di queste ore, però, la notizia che, il prossimo 30 giugno, la rivista sarà nuovamente sui banchi in edicola.
Vladimiro Frulletti, già giornalista della famosa testata, sarà il nuovo direttore del giornale salvato dal Partito Democratico grazie a Fondazione Eyu (società che detiene circa il 20% delle azioni del quotidiano).
Trentatré i dipendenti, con la redazione che avrà base a Roma piuttosto che a Milano, come ipotizzato in un primo momento.
Il giornale presenterà la solita grafica, sarà composto da ventiquattro pagine e verrà proposto alla vendita in edicola al prezzo di 1.40 €.
Grande soddisfazione dal cdr che comunica: “Registriamo un importante passo avanti, decisivo per il lavoro dei colleghi e per la sicurezza economica delle loro famiglie. Il merito di questo risultato va ascritto, in modo non formale, anche ai pesanti sacrifici che i lavoratori hanno accettato di accollarsi. Come rappresentanza sindacale continueremo ad agire a tutela dei colleghi, vigilando affinché possa concretizzarsi al più presto l’impegno dell’azienda ad assumere nuovo personale dal bacino dei giornalisti de l’Unità, se nei prossimi 18 mesi il prodotto riuscirà a guadagnare in modo stabile nuove quote di mercato”.
Buone notizie, quindi, per i tanti abbonati e fedeli della rossa rivista, i quali, però, non possono non notare l’unico, ma non trascurabile, restyling riguardante il logo storico, con l’apostrofo che da rosso si colora di verde – chiaro riferimento al PD? – abbandonando la tinta che da sempre ha contraddistinto anche la linea editoriale del rotocalco.
L’auspicio, appunto, è quello che il nuovo direttore, e il coinvolgimento del Partito del Premier Matteo Renzi, non spostino l’attenzione del giornale dalle vicende che sempre hanno riempito le sue pagine storiche. La speranza, per tutti i nostalgici del vecchio PCI, è quella di ritrovare una voce fuori dal coro che abbia nel suo DNA quella voce rossa, socialista, che nella seconda metà del ‘900 ha accompagnato i movimenti di migliaia di studenti, lavoratori, sindacalisti e tutto quel mondo che sempre ha gravitato nell’orbita della Sinistra italiana.
In un Paese che sempre più è subissato dalle frasi nazionalistiche, che richiamano alle ideologie estreme della destra del ventennio, un’ulteriore voce moderata non fungerebbe da faro di speranza per nessuno.