La tradizione napoletana , oltre che sotto forma di cucina e di monumenti ,si presenta anche sotto forma di musica e soprattutto di balli ,che evidenziano i tratti della cultura e tradizione della città .Tra i più importanti ricordiamo la “Tarantella chiamata anche “Tammuriata” . La Tammurriata è una danza tradizionale della Campania. Il termine tammurriata fino a pochi decenni fa, designava solo un repertorio canoro-strumentale, mentre attualmente rappresenta una complessa famiglia di balli sul tamburo (chiamata dai diretti esecutori anche semplicemente “ballo”). In una più ampia classificazione dei balli etnici italiani, la Tammuriata va inclusa nella famiglia della tarantella meridionale, di cui costituisce uno specifico e originale sottogruppo basato sul ritmo rigidamente binario, sulla partecipazione al ballo esclusivamente in coppia (mista e non), su un’intensa dinamica delle braccia, sull’uso di castagnette (nacchere) che, oltre a fornire il ritmo di base, obbliga ad una particolare cinetica di mani, braccia e busto. Dal punto di vista etimologico, Il termine Tarantella trova le sue origini in diversi lemmi, tutti contenenti la medesima radice linguistica: taranta, tarantola, tarantato, tarantolato, tarantella, Taranto. L’origine più accreditata, credo per convenzione, è da attribuirsi al vocabolo “Taranta”, che nel meridione è utilizzato per indicare la tarantola, un ragno velenoso piuttosto diffuso nel luogo. Secondo la leggenda, si dice che chi fosse morso dalla tarantola dovesse ballare per favorire l’espulsione del veleno mediante sudore ed umori. In realtà questa danza è legata soprattutto alla divinità greca Dioniso. La città di Taranto fu in effetti uno dei primi centri in cui si diffusero i culti orgiastici dionisiaci. La chiesa non vide di buon occhio tutto ciò, per cui diede il via ad una serie di persecuzioni religiose in tutto il sud Italia. La tarantella nacque dalla necessità di giustificare e di appagare (simbolicamente) delle altrimenti inesprimibili pulsioni erotiche. La storia della tarantella napoletana è dunque una storia di repressioni e di intolleranza; una danza che, nonostante tutto, è sopravvissuta forte e vigorosa nella nostra cultura. Si individuano almeno quattro stili diversi di ballo sul tamburo:
Giuglianese: questo stile preferisce nell’esecuzione musicale un solo tamburo a ritmi semplici, la voce, un flauto o la tromba degli zingari; il ballo ha passi e figure coordinate dall’esecuzione musicale e una grande varietà di “vutade” (modi di girare allacciati o ravvicinati) tra uomini.
Vesuviano sarnese-sommese: questo stile è caratterizzato da una “paranza” di suonatori e numerosi strumenti, talvolta è presenta anche la fisarmonica. Prevede forme coreutiche ben riconoscibili: la “vutada” in coincidenza della botta di tamburo corrispondente ad una intensificazione ritmica, il controgiro, la parte frontale, la passata.
Nocerino: quest’ultimo stile prevede una maggior partecipazione della pantomimica con avvicinamento frequente dei corpi, movimenti oscillatori del bacino, piegamenti sulle gambe, intenso e variato muovere delle braccia.
Pimontese e costiera amalfitana: ritmo a terzine con vibrazione continua della pelle del tamburo. Non sono mai presenti gli strumenti non tradizionali (come la fisarmonica).