L’unico vero pericolo, qualità della Svizzera a parte, è l’euforia. Non tanto tra gli azzurri, quanto nel rumore di sottofondo di chi li esalta in modo eccessivo sottolineandone record e gioco strabilianti. Gli unici risultati dell’Italia nel dopoguerra, però, sono arrivati dopo il fallimento con la Corea nel ’66 (Euro ’68), una campagna stampa al limite della diffamazione (mondiali ’82) e i veleni di Calciopoli (’06).
Non può essere un caso. Rimanere con i piedi per terra è l’unica strada per ottenere qualcosa e Mancini lo sa molto bene. Il suo equilibrio è una delle armi di questa nazionale. Lo stesso ct, insomma, sa di non essere diventato una via di mezzo tra Guardiola ed Helenio Herrera anche se, tra i tanti complimenti ricevuti ultimamente (destinati a estinguersi dopo il primo passo falso, secondo inveterata tradizione italica) si è anche visto assegnare il ruolo di unico rappresentante di una scuola capace di mettere d’accordo giochisti e risultatisti…
Nel chiacchiericcio quotidiano, per fortuna, ogni tanto si inseriscono le partite, unico punto di riferimento oggettivo. E il campo racconta di una squadra che, pur non avendo ancora ottenuto un risultato concreto, è sulla buona strada per far bella figura in questo europeo. Di certo è una delle poche che sa muoversi secondo codici da squadra di club. In più gli azzurri hanno dimostrato di essere un gruppo (come nel 1982 e nel 2006) senza clan né rivalità di nessun tipo. I due che si giocano il posto al centro dell’attacco (Belotti e Immobile), tanto per fare un esempio, sono grandi amici.
La Svizzera è il vero test per capire ancora di più dove questa Italia possa arrivare. Innanzitutto al traguardo minimo (gli ottavi). Per farlo basta vincere con la squadra di Petkovic. Non un impegno semplicissimo ma nemmeno proibitivo. Mancini ribadisce la formazione che ha annichilito la Turchia, aspettando Verratti, e cambiando la fascia destra per i problemi di Florenzi. Petkovic cercherà di limitare le fonti del gioco azzurro bloccando Bonucci, Locatelli e Jorginho e gli azzurri dovranno dimostrare, come contro la Turchia, di avere anche piani alternativi. Questa volta saranno decisive le marcature preventive, considerando la pericolosità delle ripartenze svizzere innescate dalla velocità di Embolo. Quarantacinque minuti per capire se si potrà davvero sognare in grande.
Tgcom 24