Ci sono bambini e bambini, quelli sani e quelli autistici. che non vuol dire che non sono sani, soltanto, molto intelligenti rispetto alla norma.
Gli occhiali di Google insieme a una app dai ‘superpoteri’, detta Superpower Glass, aiutano i bambini con autismo a capire gli altri guardandone le espressioni del viso. L’app sfrutta i Google Glass per leggere le emozioni sui visi delle persone e trasferire l’informazione al bambino autistico, permettendogli di interagire con gli altri.
Lo studio ha raggruppato ben 14 famiglie ciascuna con un bambino autistico dai 3 ai 17 anni che doveva usare la app per 10 settimane in diverse modalità d’uso. La app, infatti, può essere usata ad esempio per allenare il bambino a riconoscere le emozioni sul volto dei genitori, con feedback positivi quando il bambino indovina, come in un videogioco. Il bambino autistico di norma non riesce ad empatizzare con gli altri, quindi un fondamentale canale di comunicazione sociale per loro semplicemente non vi è. La app dai superpoteri può anche dire al bambino quel che gli occhiali vedono nel volto delle persone con cui il bambino si sta ponendo in una sorta di comunicazione, in questo modo la qualità degli scambi relazionali migliora e il bambino riesce a guardare gli altri negli occhi cosa che gli autistici non riescono a fare mai. La app è utile anche per fare terapia a casa. Dopo le 10 settimane molti dei bambini, hanno visto scendere il grado di malattia da grave a moderato, per altri da moderato a lieve e per altri ancora da lieve a normale, che per chi è autistico significa moltissimo.
“Al di là del servizio fornito alle famiglie, questo progetto permette di riconoscere il genitore come un educatore competente, che può dare aiuto a suo figlio senza passare attraverso un mediatore professionale. I genitori di figli autistici sono dei genitori come gli altri. Possono trasmettere qualcosa, partecipare all’educazione e hanno il diritto di non vedere i propri bambini come oggetti di cura, ma come una persona in divenire che arriverà fin dove potrà, se la si aiuta a utilizzare le proprie capacità.” spiega a tal proposito, Christel Prado, presidente dell’Unapei, a La Croix.