La sclerosi multipla chiamata anche sclerosi a placche, sclerosi disseminata o polisclerosi, è una malattia degenerativa autoimmune cronica demielinizzante, che colpisce il sistema nervoso centrale causando un ampio spettro di segni e sintomi. La distruzione della mielina (rivestimento dei nervi) determinata da un funzionamento anomalo del sistema immunitario provoca segnali cerebrali che non raggiungono la loro destinazione. E così si manifesta in molti modi diversi (disturbi della vista, coordinazione, memoria, debolezza muscolare, tic).Non esiste una cura ma solo terapie palliative che possono essere prescritte per attenuarne i sintomi mentre alcuni trattamenti farmacologici sono disponibili per evitare nuovi attacchi e prevenire le disabilità. La prognosi è difficile da prevedere e dipende da molti fattori, mentre la speranza di vita è di circa da 5 a 10 anni inferiore a quella della popolazione sana. Quindi, un farmaco che ha completato la prima fase di sperimentazione umana è una buona notizia per coloro (compresi due milioni di europei) che ne sono colpiti. Ed è quello che è stato pubblicato ieri sulla rivista Neurology, Neuroimmunology e Neuroinflammation da un equipe una squadra American Neurological Association. Il lavoro è solo nella fase I, che misura la sicurezza del farmaco, ed ha un lungo iter davanti prima di arrivare all’uso clinico, ma è un nuovo approccio, spiegano gli autori. Finora, quello che è stato realizzato con le terapie per la sclerosi multipla è che nessun faceva regredire la malattia (la malattia non agisce continuamente, ma lo fa da episodi intervallati da periodi di stabilità).In questo caso è stato scoperto, almeno nei test sui ratti che può interferire con l’attività di una proteina chiamata Lingo-1, che blocca il processo di ricostruzione della mielina. L’anti-Lingo-1, come viene chiamato il farmaco impedisce questa azione, che ha portato negli animali da laboratorio ad un recupero della funzione del nervo. I test condotti sulle persone finora non hanno prodotto dati disponibili. In questa fase sono stati reclutato 72 soggetti sani e 47 che hanno avuto la malattia in una fase di inattività o bassa progressione, e, come al solito in questi studi sono stati divisi in gruppi a ricevere placebo o varie dosi del farmaco, che viene somministrato mediante iniezione. Il risultato principale è che non ci sono stati effetti collaterali significativi. Ma anche, la quantità di farmaco nel sangue ha permesso di mantenere il livello ottimale di anti-Lingo-1 che permette la rigenerazione della mielina che era stato visto negli animali. Così Diego Cadavid, un membro del laboratorio americano Neurological Association & Biogen che ha sviluppato il farmaco, è ottimista: “Con questi risultati possiamo iniziare studi per la fase II per vedere se questo farmaco è in grado di ripristinare la mielina e non ha alcun effetto sulla recupero delle funzioni fisiche e intellettuali “, ha detto. Allora sarà un grande passo per affinare i protocolli e misurarne definitivamente l’efficacia, che spesso richiedono anni.
Insomma una ricerca che infonde nuova speranza per gli ammalati e per le loro famiglie, con l’auspicio che l’iter di sperimentazione possa portare ai risultati sperati già manifestati nella prima fase dei test.