Dopo anni di silenzi e abbandono, il governo nazionale torna a ricordarsi del Sud.
Lo fa, però, nel peggiore dei modi: con la nomina di un ministro del Mezzogiorno senza portafoglio e con Gentiloni, presidente del Consiglio, che, nelle sue prime dichiarazioni pubbliche, si limita a lanciare slogan e frasi fatte senza neanche un accenno a proposte o ipotesi di lavoro concrete. Si tratta del solito schema propagandistico di renziana memoria, che pensa al Sud solo in termini di bacino elettorale e non per una seria consapevolezza dei drammi sociali ed economici che le regioni meridionali stanno vivendo.
Dopo la scoppola che una grande maggioranza dei cittadini del Mezzogiorno hanno dato a Renzi e al suo referendum, ecco apparire un finto ministero e un po’ di proclami per buttare fumo negli occhi e creare nuove illusioni.
L’emergenza Sud, invece, è veramente gravissima e andrebbe affrontata al più presto e seriamente.
Non per raccogliere consenso, ma per dare risposte reali dopo decenni di malgoverno e ruberie.
Gli ultimi dati di Istat e Censis sulle regioni meridionali, sono la fotografia impietosa di una realtà sempre più disastrata e senza nessun disegno o guida che la potrebbe far uscire dal dramma in cui è sprofondata.
Il reddito medio pro-capite al Sud è di 17,8 mila euro all’anno, inferiore del 44,2% rispetto a quello del Centro-Nord. Un divario allarmante. Quasi la metà dei residenti nel Sud (46,4%) è a rischio di povertà o esclusione sociale, contro il 24% del Centro e il 17,4% del Nord. Le famiglie del Sud si trovano almeno in una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro. Peggio di Bulgaria, Romania e Grecia.
Milioni di famiglie del Mezzogiorno contano di tagliare ulteriormente le spese per la casa e l’alimentazione e hanno dichiarato di aver dovuto rinunciare o rinviare alcune prestazioni sanitarie, specialmente dentistiche, specialistiche e diagnostiche. Secondo l’Istat, oltre tre cittadini su dieci sono a rischio di povertà in Campania, Calabria, Puglia e Basilicata. Cresce il numero dei meridionali che si trasferiscono all’estero. Nel 2015 sono state il 10% in più rispetto al 2014.
Il Censis ci dice anche che i giovani del Sud stanno peggio dei loro genitori e peggio anche dei loro nonni. Ci dice che il lavoro nero domina la scena economica e siamo ritornati ai livelli degli anni Settanta. E’ cresciuto lo sfruttamento, il lavoro precario, poco qualificato e mal retribuito. Dall’altro canto sono arrivati i finti posti di lavoro alimentati dai voucher della nuova legge sul lavoro Jobs Act voluta da Renzi e dal Pd. Al Sud più che nel resto dell’Italia si va avanti con i risparmi e le pensioni degli anziani. Con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Per queste ragioni è urgente andare al più presto alle elezioni per cambiare l’attuale classe politica e portare il M5S e anche i cittadini del Sud al governo dell’Italia.
Occorre aprire una nuova fase, in cui il Sud liberi le sue energie e abbia dei portavoce eletti che pensino a governare e non alla loro carriera politica. In cui i cittadini e i giovani senza lavoro abbiano un reddito di cittadinanza per riconquistare la propria dignità e la voglia di formarsi e mettersi in gioco. In cui vengano valorizzate le competenze, i meriti, le bellezze naturalistiche, storiche e turistiche, l’agricoltura, i prodotti tipici e le piccole e medie imprese.
Il Sud ha bisogno di un piano di bonifiche e di riconversione industriale innovativa nei territori distrutti dall’inquinamento selvaggio, a partire dall’Ilva di Taranto e dalle aree della Terra dei fuochi. Il Sud va liberato dalle clientele, dalla corruzione e dalla prepotenza delle organizzazioni criminali colluse con la politica. Il Sud va visto come una risorsa e non come un problema. Il Sud va riconosciuto come un tesoro inestimabile da custodire e sviluppare.
Piernicola Pedicini