A Genova, durante gli scontri tra i militanti di CasaPound e gli antagonisti, un giornalista di Repubblica, Stefano Origone, è stato ripetutamente colpito con manganellate da agenti di polizia che lo avevano evidentemente scambiato per un manifestante. A nulla sono valse le sue grida dove spiegava che era solo un giornalista, un ispettore di Polizia fortunatamente lo ha riconosciuto ed è riuscito ad evitare il peggio. Il giornalista è stato ricoverato in ospedale dove gli è stato riscontrato un trauma cranico e una costola fratturata. Il collega è in via di guarigione ma resta raccapricciante il fatto che ormai esiste un clima tale che degli agenti di polizia si sentono in diritto di picchiare ripetutamente una persona senza nemmeno accertarsi se la suddetta sia responsabile o meno di atti illeciti. Ci auguriamo quantomeno che gli agenti responsabili dell’azione violenta subiscano un richiamo disciplinare e siano sospesi dal servizio.
Questa la testimonianza dello stesso giornalista pubblicata da Repubblica:
Ho pensato di morire, non mi vergogno di dirlo. Non smettevano più di picchiarmi, vedo ancora quegli anfibi neri, che mi passavano davanti al volto e, nella testa, mi rimbomba ancora il rumore sordo delle manganellate. Su tutto il mio corpo, che cercavo di proteggere, rannicchiato in posizione fetale, scaricavano una rabbia che non ho mai incontrato prima, che non avevo mai sentito così efferata in trent’anni di professione, sempre sulla strada.
Mi trovavo in piazza Corvetto, all’angolo con via Serra, l’unica via di uscita di una piazza completamente blindata dai mezzi della polizia e dagli agenti in tenuta antissommossa. Era una buona posizione, per osservare i contatti tra a polizia e i manifestanti, c’erano già state cariche, ma mi sentivo tranquillo, proprio perchè alle spalle avevo la via di fuga. E poco prima la polizia era anche arretrata. Poi non so cosa sia scattato, non ricordo l’innesco della follia. Mi hanno detto poi che i poliziotti hanno visto un ragazzo vestito di nero e hanno lanciato la carica. So che mi sono arrivati addosso, intorno a me non c’era quasi nessuno, ero in un punto defilato. Li ho visti arrivare, avevo il cellulare in mano perchè stavo facendo qualche foto, mi sono uteriormente spostato. Ma mi sono arrivati addosso. Ho cominciato a scappare, ma non ne ho avuto il tempo.
Mi ha aiutato ad appoggiarmi a un muretto, stavo male, ha chiamato i soccorsi. Poi è arrivata l’ambulanza, durante il tragitto, mi veniva da vomitare, credo per lo shock. Ora sono ricoverato all’ospedale Galliera di Genova: i medici mi hanno detto che sulla schiena ho le impronte delle suole Vibram degli anfibi degli agenti, i segni del manganello sui fianchi. Ho una costola fratturata, due dita della mano sinistra rotte, trauma cranico per le manganellate in testa ed ecchimosi su tutto il corpo. E non ho mai pensato che potesse succedermi una cosa del genere.