Un progetto affinché, invece di rinchiudere chi ha sbagliato nelle mura di un carcere, possa costituire la possibilità per mettere le ali e spiccare il volo su una società sempre meno attenta al grido di chi ha bisogno. Con questa principale finalità è stato presentato il progetto “Accogliere per ricominciare” presso la sede della Pastorale Carceraria della Diocesi di Napoli alla presenza dell’Arcivescovo di Napoli Cardinale Crescenzio Sepe che ha concluso i lavori con queste parole:
“Si sta creando un panico per il coronavirus, chiese chiuse, non si dicono più Messe. Noi viviamo, molto spesso, di panico e chiusura. Questa casa è dono di Dio ed è lui che si pone con grandezza facendoci strumenti nelle sue mani. Bisogna avere apertura per l’altro, anche per chi ha sbagliato. Basta vedere come è nato questo progetto. E cammin facendo dobbiamo ancor di più incrementare il nostro operato per chi ha bisogno di attenzione caritatevole. La Provvidenza vuole e noi concretizziamo ciò che il Signore ci chiede di fare: insieme, solo questo e niente altro”
L’incontro, moderato da Manuela Scotti, è stato introdotto da Don Franco Esposito, Direttore della Pastorale Carceraria: “Il Signore opera. È lui che mette insieme le persone e accoglie noi tutti chiamandole attraverso vie che nemmeno immaginiamo. Il ringraziamento a chi ha costruito questo progetto come strumenti nelle mani di Dio che disegna sempre le cose più belle”.
Il progetto vede il sostegno della Fondazione con il Sud, della Curia Arcivescovile di Napoli, della Fondazione Peppino Vismara, della Fondazione San Gennaro e della fondazione UBI Banca. Le finalità sono ben precise e saranno raggiunte mediante una accoglienza residenziale per i detenuti e la realizzazione di lavoratori artigianali come bigiotteria, falegnameria, grafica, informatica, pittura, cuoio e laboratori combinati così come ha sottolineato Carlo Borgomeo, presidente di “Fondazione per il sud”:
“In questo giorno di festa si celebra un evento importante con un progetto fondamentale che accoglie un tema sottovalutato a livello nazionale: il lavoro per i detenuti ed ex detenuti. Del sud partono 97 progetti, segno di una domanda enorme di progettualità verso chi ha bisogno di un aiuto concreto ed esemplare per uscire da una situazione di stallo. Contestare la povertà educativa è altrettanto importante, soprattutto per i figli minori dei detenuti“.
In particolare “Accogliere per ricominciare” è stato realizzato dall’Associazione “Liberi di volare onlus” che gestisce la casa di accoglienza e il centro diurno laboratoriale, dalla Cooperativa “Articolo1” che gestisce il coordinamento delle attività e i percorsi di inserimento lavorativo (bilancio delle competenze e piano di inserimento lavorativo), la Cooperativa “Il Quadrifoglio” che gestisce la comunicazione e gli eventi. Valentina Ilardi, psicologa, referente dell’associzione Liberi di Volare ha tracciato il percorso trattamentale e il programma di reinserimento sociale dei diversamenti liberi presenti nel centro. Più di cinquecento famiglie avvicinate.
“La sinergia è un elemento fondamentale. I partner di questo progetto si sono conosciuti in maniera provvidenziale per mettere insieme le esperienze di chi ha bisogno. È fondamentale il lavoro svolto dalla cooperativa Il Quadrifoglio – ha aggiunto Marina D’Auria, presidente di “Articolo 1”- soprattutto a servizio dei minori: lì ci sono molti figli di detenuti, specialmente a Miano, in bene confiscato alla camorra. Come fare per farli appassionare alla scuola? Abbiamo classi enormi, una scuola tradizionale che non sempre è al passo dei bisogni dei minori. Tutti dobbiamo stare nella società, adulti e bambini insieme”.
Accogliere significa ricominciare, in modo particolare per costituire profili professionali in grado di abbassare rischio di recidiva, supportati da reti di volontariato e da figure professionali idonee ad accompagnare gli utenti sul piano psicologico ed educativo. Tutto mediante l’accompagnamento alle famiglie dei detenuti per affrontare il periodo della carcerazione e per ricucire quei rapporti lacerati dall’assenza.
“Vi do dei dati. 7668 detenuti, 370 donne, 976 immigrati e molti innocenti. L’anno scorso in provincia di Napoli 147 persone e a Salerno 24 persone hanno ricevuto un risarcimento per una ingiusta detenzione. Il Ministro Bonafede, forse in malafede ha detto che gli innocenti non vanno in carcere. I detenuti in area penale esterna in Campania sono 6701, a Napoli e provincia 3897 con appena 24 assitenti sociali. Chi esce dal carcere non deve essere un “ex detenuto” a vita. Accudiemento è la parola chiave. Accudire per reinserire. Noi dobbiamo sforzarci per avere nel carcere una alta qualità di svolgimento della pena. C’è chi il carcere lo immagina come contenimento. Arresterei chi dice “buttate la chiave”: noi abbiamo bisogno di speranze e non di cancelli, di muri. Quello presentanto oggi è un sogno che diventa segno“. ha così concluso il Garante dei detenuti della Regione Campania Samuele Ciambriello.