Quando il tessuto sociale si lacera, com’è evidente in questi tempi, la tentazione di reciderne i fili che lo sorreggono ancora è forte. Se da parte delle istituzioni si propende per un decisionismo spinto, da parte della società civile ci si ripiega in un isolazionismo improduttivo e risentito.
L’arbitrarietà delle scelte da un lato e l’intransigenza di chi guarda con sospetto a ogni forma di mediazione e compromesso dall’altro – allo spazio della politica come a un luogo in cui l’ideale può solo svilire – scavano un crepaccio che alimenta la spirale di una sfiducia crescente.
A Salerno c’è chi, in controtendenza e con pazienza, cerca di ricucire, di rattoppare, di aggiungere nuovi fili per ridisegnare trama e ordito. È questo il senso del Piano Regolatore della Cultura, pubblicato integralmente e sulla pagina facebook del gruppo Forum della Cultura Salerno. Il Piano è il risultato di una serie di incontri con cadenza mensile tra operatori e associazioni culturali, artisti e docenti universitari interessati a ricucire il rapporto tra la città e i luoghi del sapere. Tutto nasce il 19 dicembre scorso, in un incontro pubblico al Punto Einaudi, quando si costituisce il Forum della Cultura Salerno, una piattaforma tra cittadinanza attiva e istituzioni. E le adesioni non mancano. Nelle riunioni successive si va via via formandosi un gruppo composto da Massimo Adinolfi, Vittorio Dini, Franco Forte, Piero Lucia, Nicola Palma, Marcello Ravveduto, Francesco Tozza, Pino Vuolo al quale si sono aggiunti: Raffaella di Leo, Nicola Vernieri, Gaspare di Lieto, Enzo Rosco, Ciro Caliendo, Salvatore Marrazzo, Milva Carrozza e altri. Negli incontri e sulla rete si lavora a una costruzione partecipata del Piano definendo sempre più le linee direttive e i campi di azione.
Uno scambio collaborativo, come direbbe Sennet, invece di una mera lotta di interessi, l’insistenza sul valore dell’essere insieme piuttosto che dell’essere contro.
Mappatura, riqualificazione e messa in rete dei luoghi della cultura, valorizzazione delle risorse umane presenti, definizioni dei modelli gestionali, elaborazione di criteri di valutazione e monitoraggio della spesa pubblica, coinvolgimento del capitale privato nella forma di cofinanziamenti, proposta per l’istituzione di una consulta degli operatori culturali, rafforzamento del legame tra Salerno e Comuni della provincia: questi alcuni dei principali punti programmatici.
Nel dettaglio invece si fa riferimento al potenziamento di luoghi precisi come la Fondazione Scuola Medica Salernitana, il Convento di San Lorenzo, Palazzo Fruscione, il Castello Arechi, il Giardino della Minerva, il Museo Papi e Museo Virtuale Scuola Medica Salernitana. Si propone un museo diffuso e un percorso integrato attraverso il patrimonio culturale salernitano, un laboratorio urbano e del paesaggio e la costituzione di un polo teatrale che provi a ragionare in modo sistemico e meno frammentato e verticistico.
Un piano regolatore della cultura, che non vuole però irreggimentare alcunché, né tanto meno le voci dissonanti, che anzi vuole provare a stanare e a tradurre in forme di proposta positiva. Così come non vuole certo ridurre spazi e dettare regole alla creatività artistica. Piuttosto sua intenzione è di puntare all’organizzazione e alla tessitura di una rete per meglio permettere agli attori emergenti di lavorare su un territorio già predisposto all’ascolto e alla valorizzazione e alla diffusione del loro lavoro. Organizzazione e creatività non devono essere dunque viste, secondo un adagio romantico che ben si presta alle più ciniche strumentalizzazioni, come opposte e inconciliabili.
In fondo, non è a partire da un linguaggio comune, da quel sistema in movimento rappresentato dalla nostra lingua appresa e parlata, che il poeta trova quelle parole ogni volta uniche che illuminano la nostra esistenza? È per questo che nella Salerno immaginata dal Forum della Cultura, a differenza che nella platonica città ideale, gli artisti invece che essere messi al bando sono invitati a partecipare attivamente alla costruzione della comunità che viene. La disaffezione per la dimensione pubblica può attenuarsi solo a patto che, senza paura di perdere controllo e autorevolezza, le istituzioni creino le condizioni per l’apertura di nuovi spazi di partecipazione. E questo Piano Regolatore per la Cultura è senz’altro un documento prezioso che l’amministrazione dovrebbe valorizzare e far suo, se vuole riprendere a ricucire quel tessuto sfilacciato senza il quale la città perde la sua dimensione più autentica.