La tecnologia e la ricerca scientifica continuano a compiere passi da gigante nella realizzazione di nuove terapie e metodi per alleviare il dolore delle persone che soffrono. Quando a questi elementi si aggiungono cinema e videogiochi, il connubio che si crea è davvero speciale: lo ha dimostrato nei giorni scorsi John Attard, premio Oscar per gli effetti speciali del film Il Gladiatore, che ha creato un videogioco per curare i bambini con problemi motori e difficoltà di comunicazione.
In collaborazione con i dottori e ricercatori del Los Angeles Children’s Hospital, il mago degli effetti speciali di Hollywood ha creato un gioco che consente ai dottori di indossare un caschetto speciale direttamente dall’ospedale, per proiettarsi così all’interno del gioco dal quale manipolare una “scena” (creata appositamente da Attard) in base alle esigenze del paziente specifico.
Grazie ad animazioni specifiche che lo trasformano in un personaggio dei videogiochi, i medici del Los Angeles Childern’s Hospital possono lavorare sui movimenti e sulle capacità cognitive dei bambini affetti da problemi motori, causati principalmente da chemioterapia, emorragie celebrali, patologie oncologiche e varie tipologie di interventi subiti dai pazienti. Per il bambino si tratta di una terapia non invasiva, in quanto effettuata direttamente da casa propria con l’ausilio di un visore per la realtà virtuale.
In occasione del convegno Shaping the future of Pediatrics, organizzato dall’Ospedale Bambino Gesù, Attard ha raccontato all’ANSA che questa idea gli è venuta in mente in seguito alla nascita della figlia Giuliana, evento che ha spinto l’esperto di effetti speciali hollywoodiano a sfruttare le sue competenze per creare qualcosa in grado di alleviare il dolore dei bambini che soffrono. “Quando abbiamo finalmente capito come agire, abbiamo creato gli effetti visivi giusti, i movimenti adeguati”, ha spiegato. “Oggi il videogioco disegnato da Playing Forward e il Los Angeles Children’s Hospital è disponibile gratuitamente per chiunque ne abbia bisogno”, confida Attard, che si è detto fiducioso sul possibile arrivo di questa tecnologia negli ospedali italiani.