Donald Trump condanna “inequivocabilmente” la violenza dell’assalto al Congresso, scarica i rivoltosi e lancia un appello agli americani a “superare gli impeti del momento” ma non fa alcun cenno all’impeachment, in un video di cinque minuti diffuso dalla Casa Bianca dopo la seconda messa in stato d’accusa. Parole tardive che, secondo molti, avrebbe dovuto pronunciare quando i suoi fan attaccavano Capitol Hill e che ora sembrano dettate da tattiche legali per evitare la condanna al Senato.
“Io condanno in modo inequivocabile – afferma con tono solenne il presidente uscente – la violenza a cui abbiamo assistito la settimana scorsa. La violenza e il vandalismo non hanno assolutamente spazio nel nostro Paese e nel nostro movimento. Coloro i quali sono stati coinvolti negli attacchi saranno portati davanti alla giustizia… Che tu sia di destra o di sinistra, che tu sia democratico o repubblicano, non ci può mai essere giustificazione alla violenza, nessuna scusa, nessuna eccezione”. “Nessun mio vero sostenitore – prosegue – potrebbe mai giustificare la violenza politica. Nessun mio vero sostenitore potrebbe disprezzare le autorità o la nostra grande bandiera americana. Nessun mio vero sostenitore potrebbe mai minacciare o attaccare i suoi compatrioti americani. Se fate qualcuna di queste cose, non sostenete il nostro movimento, lo state attaccando. E state attaccando il nostro Paese, non possiamo tollerarlo”. Quindi lancia un messaggio sulle potenziali minacce di proteste armate a Washington in vista del giuramento di Joe Biden, riconoscendo che “tutti hanno diritto di far sentire la propria voce in base al primo emendamento della Costituzione” ma ammonendo contro “la violenza, la violazione della legge e i vandalismi”. Infine un attacco a Big Tech, che ha bloccato i suoi account social e piattaforme di destra come Parler: “Voglio dire poche parole sull’assalto senza precedenti alla libertà di parole. Gli sforzi di censurare, cancellare e mettere nella lista nera i nostri cittadini sono sbagliati e pericolosi”.
Il fondatore e patron di Twitter, Jack Dorsey, considera la decisione di bandire il presidente americano uscente Donald Trump dalla piattaforma “quella giusta”, ma che costituisce comunque un “fallimento” e che “stabilisce un precedente pericoloso” nell’ambito del potere detenuto dalle grandi aziende.
Il presidente americano uscente Donald Trump è stato bandito permanentemente anche da Snapchat, dopo una iniziale sospensione. “Nell’interesse della sicurezza pubblica e in base ai suoi tentativi di diffondere disinformazione, discorsi d’odio e incitazioni alla violenza, che sono chiare violazioni della nostre linee guida, abbiamo preso la decisione di mettere fine permanentemente al suo account”, ha spiegato un portavoce dell’applicazione multimediale.
A una settimana esatta dalla fine del suo mandato alla Casa Bianca, la Camera ha approvato in un solo giorno l’impeachment più veloce di sempre contro Donald Trump, che diventa così il primo presidente della storia ad essere messo in stato d’accusa due volte. Ai 222 democratici si sono uniti 10 repubblicani su 211, la metà di quelli previsti dalla Casa Bianca. Sono le prime crepe nel partito, dopo il no compatto nel precedente impeachment per l’Ucrainagate. Ma non ancora così profonde da scuotere il partito, anche se molti Gop, a partire dal leader di minoranza Kevin McCarthy, hanno riconosciuto la responsabilità del presidente opponendosi però ad una “inutile” destituzione a fine mandato. L’accusa è di incitamento all’insurrezione per aver istigato in un comizio i suoi fan ad assaltare il Congresso e impedire la certificazione della vittoria di Joe Biden, che ha contestato per settimane evocando inesistenti brogli elettorali e minacciando anche il segretario di Stato della Georgia. Un attacco violento costato cinque morti, diversi feriti, danneggiamenti e un vulnus senza precedenti alla democrazia americana. “Trump è un pericolo evidente ed immediato, ha incitato la ribellione armata contro la nazione, deve essere destituito”, ha denunciato in aula prima del voto la speaker della Camera Nancy Pelosi, definendo i rivoltosi non “patrioti”, come li ha chiamati il presidente, ma “terroristi”. Il voto è avvenuto “nella stesa scena del delitto”, come ha sottolineato un deputato. E in un’atmosfera da stato di guerra nella capitale, dopo l’allarme dell’Fbi su possibili attacchi armati tra il 16 e il 20 gennaio in tutti gli Stati Usa, in vista del giuramento di Joe Biden: centinaia di riservisti hanno passato la notte all’interno di Capitol Hill, dormendo e bivaccando nelle sale e nei corridoi mentre arrivavano gli eletti. Ma la Guardia Nazionale, che il giorno del giuramento schiererà 20 mila uomini, presidia a mano armata anche tutto il perimetro esterno del parlamento, difeso come tutti i principali edifici governativi da griglie metalliche. La mozione d’impeachment arriva dopo che la Camera ha approvato quella sul 25esimo emendamento. Mike Pence tuttavia si è rifiutato di invocarlo, ritenendo che non sia “nel miglior interesse del Paese” ed invitando ad evitare “azioni che dividerebbero e infiammerebbero ulteriormente la passione del momento”. La seconda messa in stato d’accusa di Trump ha però ricevuto un crescente consenso tra i repubblicani. Già prima del voto erano usciti allo scoperto cinque deputati del Grand Old party. Tra loro Liz Cheney, numero tre del Gop alla House e figlia del controverso ex vicepresidente di George W. Bush. “E’ Trump ad aver acceso il fiammifero dell’attacco”, ha accusato la parlamentare, che pilota il fronte interno contro The Donald candidandosi di fatto a guidare il partito alla Camera togliendo la leadership a Kevin McCarthy. Uno strappo che segna l’inizio della guerra dentro il Grand Old Party, costretto a scegliere fra Trump e la sua condanna. La chiave di volta potrebbe essere il potente leader repubblicano al Senato Mitch McConnell, che in privato ha detto di vedere di buon occhio l’impeachment, ritenendolo fondato e utile per aiutare il partito a voltare pagina. Se confermasse pubblicamente la sua posizione, potrebbe aprire una grande breccia tra i suoi, consentendo forse di arrivare alla maggioranza dei due terzi per la condanna. Ma per ora ha fatto sapere di non avere ancora deciso come votare e di voler ascoltare gli argomenti giuridici in Senato, escludendo di convocarlo prima della fine del mandato presidenziale. Trump è tornato a lanciare un appello alla calma e ad evitare “vandalismi e violenze” dopo il suo comizio di martedì in Texas, dove però aveva respinto ogni responsabilità, ammonendo che la messa in stato d’accusa è “la prosecuzione della più grande caccia alle streghe della storia” e sta causando una “enorme rabbia” nel Paese. Intanto pensa a graziare se stesso e i figli (ma Donald Junior non la vuole) mentre precipita nei sondaggi, è abbandonato dalla fedelissima consigliera Hope Hicks, viene messo al bando anche da Youtube e la città di New York rescinde tutti i contratti con la Trump Organization. Compresi quelli per l’iconica giostra e le due piste di pattinaggio di Central Park. L’unica consolazione per lui forse è che neppure Ivanka andrà al giuramento di Biden perchè, ha spiegato una fonte della Casa Bianca, “non è consuetudine che i figli del presidente uscente partecipino alla cerimonia”.