Il Coronavirus, meglio noto in ambito scientifico come COVID-19 ha già causato migliaia di contagi in tutto il mondo e i dati di quella che sembra un’incontenibile pandemia sembrano destinati ad aumentare. Un team di ricercatori dell’Università di Washington ha così deciso di studiare la struttura molecolare del virus seguendo un approccio davvero innovativo: l’utilizzo di un videogioco.
Il gioco in questione si chiama Foldit, videogame sperimentale riguardante il ripiegamento proteico e la progettazione di nuove proteine, sviluppato proprio dall’Università di Washington tramite la collaborazione fra il dipartimento di Scienza e Ingegneria informatiche, il dipartimento di Biochimica e il Center for Game Science durante lo scorso anno.
In esso, i giocatori mettono in atto il ripiegamento delle proteine che permette loro di comprendere le loro strutture e che, secondo gli esperti si rivela fondamentale per capirne il funzionamento e poter quindi sintetizzare farmaci adatti a una cura. Il team della Washington University ha così pensato di aggiungere un nuovo puzzle al gioco basato proprio sul COVID-19. Come prevedibile, dato che attualmente non esiste un vaccino, svelarne il mistero rappresenterebbe una sfida unica e una svolta epocale allo stesso tempo.
Il Coronavirus mostra infatti in superficie una proteina denominata scientificamente spike (che significa punta, spina), che il virus utilizza per aggredire le cellule e invaderle per moltiplicarsi e che, secondo il parere dei ricercatori sarebbe stata la causa della mutazione che gli ha permesso di diventare altamente aggressivo per l’uomo.
Nelle ultime settimane numerose ricerche hanno determinato la struttura di tale proteina e il processo con cui si lega ai recettori umani. “Se riuscissimo a progettarne una capace di legarsi alla proteina spike del Coronavirus, potrebbe essere utilizzata per bloccare l’interazione con le cellule umane e arrestare l’infezione”, hanno affermato i ricercatori.
Secondo i creatori del gioco, Foldit sta riscuotendo attualmente un incredibile successo non solo tra gli scienziati, ma nelle community di migliaia di giocatori che risultano “ugualmente abili e talvolta migliori di un computer nel ripiegare le lunghe catene di aminoacidi in forme tridimensionali compatte”, specialmente quando un problema “richiede un intuitivo salto o cambiamento di strategia” che richieda una creatività che talvolta non fa parte della ricerca scientifica.
Non si può ancora stabilire se questo aiuterà o meno a superare la pandemia globale, ma attesta ancora una volta come il mondo dei videogiochi e delle tecnologie riesca a supportare e incentivare gli sforzi della comunità scientifica basati ancora sull’informatica tradizionale.