So che c’è chi si aspetta un mio scritto sulla gara scudetto tra la Juventus di Allegri e il Napoli di Sarri. Qualcuno mi ha perfino telefonato per sollecitarmi a farlo. Ma scrivere non è solo una tecnica, serve l’anima che non sempre è disponibile. Ci provo ma prima di azzurri e bianconeri mi tocca riprendere la storia triste di Angelo Anguilletti. E’ morto un anno fa l’antico terzino milanista. Essenziale, roccioso, capace di prendere palla anche ai più forti senza far loro del male. Non gli è andata per il verso giusto la vita. I soliti investimenti sbagliati, il suo candore e poi la morte a settant’anni, comunque prematura. A dare una mano ai suoi lasciti in bolletta, ci ha pensato il vecchio amico Roberto Donadoni. Andava detto ed eccoci a Napoli Juve. Higuain contro Dybala? Piuttosto una parte della mia famiglia contro l’altra. Io, con papà e lo zio Eugenio, a tifare per gli azzurri, la nonna con gli altri due miei zii patiti della Juve. Piccole cose di famiglia, forse crepuscolari, un corazzinismo ignaro e ingenuo ( Perchè tu mi dici poeta? Io non sono un poeta, io non sono che un piccolo fanciullo che piange..scriveva Sergio Corazzini con versi fragili e magnifici). Corazzini morì a 21 anni, pochi anni di sofferenze fisiche ed esistenziali. Noi in famiglia, pur meno caduchi e precari, facevamo una vita semplice, intrisa di sentimenti, anche tristezze a volte prive di una decifrabile ragione. Forse la povertà, ma quella – ci avevano insegnato i vecchi – è cosa benedetta. Quel conflitto tra zebra rigata e ciuccio malandato sintetizzava i nostri affetti intensi che per quella occasione rompevano la tregua. A perdere eravamo quasi sempre quelli del ciuccio, ma che importava. Quello era ancora un calcio un po’ immediato e provvisorio, avventuroso. Si pensi che Sivori, grande campione di quegli anni prima alla Juve poi nel Napoli, concluse la carriera squalificato per una scazzottata generale proprio con i suoi ex compagni bianconeri. Ovvio la Fiat, che era la Juve, stava già dentro l’era nuova. L’industria, lo sviluppo impetuoso dei primi anni ’60, e c’era già capacità di programmare. Da noi si rispondeva con le fantasiose trovate del comandante Lauro, il suo populismo, presidente improbabile e guascone. Ma a noi cosa importava, bastava quella partita a dare carburante alle nostre dispute, a farci combattere e giocare tutto l’anno, qualche volta anche a sognare. E non sempre perdere procura quel sapore amaro che pure, sappiamo, condisce la sconfitta. Quel nostro crepuscolarismo ignaro servi a proteggerci ( Perchè tu mi dici poeta? Io non sono un poeta, non sono che un piccolo fanciullo che piange..). Certo di acqua dai ponti ne è passata. L’asimmetria tra Napoli e Torino un poco si è ridotta, non solo nel calcio. E Juve e Napoli oggi corrono quasi alla pari, anche se per fatturato e strutture l’asinello un poco ancora arranca. Capace peroò di distanziare formazioni che stanno nel cuore economico d’Italia. Quello di sabato è l’ultimo romanzo di una saga infinita. Agli azzurri basta un pari per restare davanti. E anche perdessero la corsa non sarebbe chiusa. E, però, riecco la storia. Non è una gara che puoi fare sottotraccia. Tocca nodi profondi, elettrizza, devi giocarla, e cosi sarà. Maurizio Sarri non sa fare altro calcio, le squadre le catechizza e le organizza. Semmai legge con più fatica la gara quando è in corso. Qui l’ altro toscano, quello di Livorno, forse è più pronto. Anche se nell’insegnare e creare calcio tra Max e Sarri proprio non c’è partita. Il resto lo faranno gli uomini in campo. Vince chi ha più forza di nervi, chi è più strutturato anche fuori dal prato. Per questo della Juve fanno paura i Buffon e i Barzagli, meno gli estrosi ragazzi dell’attacco. Quella di sabato è gara per chi ha raziocinio e forza. E in questo Hamsik e Higuain sono perfetti. Come anche Callejon e Koulibaly. E’ scontro tra titani, tanto che forse neppure ai tempi di Diego. Talmente titani che neppure sembra più Napoli Juve. Ormai lontana, lontanissima l’eco di quelle povere piccole cose d’amore, quelle ingenue dispute in famiglia. Inutili e meravigliose, fragili come le nostre vite. Perchè mi dici poeta? Io non sono un poeta…