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VIAGGIO IN UNA SCAMPIA FATTA DI SOLIDARIETA’ E SPERANZE. TUTOR, LA COMUNITA’ DEI GESUITI

La prima immagine – notizia per i visitatori di Scampia non sono le vele, ma la sua dicotomia, divisione in due, che non necessariamente si esclude a vicenda: violenza e pace; oscuro e luce; disperazione e speranza, il grigio e i colori dei murales.
In via della resistenza al parco Lara, al nono piano, in due appartamenti contigui, c’è la comunità dei Gesuiti, cinque sacerdoti “che sono a servizio della Chiesa e della società“, come mi hanno confidato, appena mi accolgono. Sono quaranta i Gesuiti presenti a Napoli, tra Via Petrarca, Cappella Cangiani e piazza del Gesù. “Esistono più modi per essere sacerdoti qui e da qui“, mi rincuora il loro “superiore-moderatore” che mi accompagna nella loro Rettoria, Santa Maria della Speranza, all’interno della quale c’è un centro di ascolto e di aiuto per i tossicodipendenti, gestito dalla comunità Emmanuele e un ambulatorio, promosso dall’associazione Aiutaci a vivere. nella parte alta si radunano i boy scout. Un Mosaico all’ingresso della Chiesa, toglie il grigio e mette i colori della speranza, è stato messo su con la collaborazione dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli.
A Scampia ci sono quattro parrocchie, tre Ordini religiosi maschili e due ordini religiosi femminili. Tante iniziative ma confessa amaramente il decano della loro comunità “il popolo di Dio non partecipa tanto.”
Nel parcheggio antistante la Rettoria c’è una macchina dei carabinieri e a trenta metri “due sentinelle”.  Il commento del mio gesuita-accompagnatore è lapidario: “Lo Stato sinonimo di polizia e carabinieri qui c’è. Dall’epoca del ministro degli Interni Severino è iniziata una dura repressione e molte cose sono cambiate. La malavita, la camorra c’è con una offerta da supermercato, dove trovi di tutto e risparmi su tutto.”
A Scampia ci sono sei campi Rom, “tanto attivismo delle associazioni che però, da un po’ di tempo, si sono congelate. Non c’è convergenza, non c’è connessione, non si fa squadra“, mi dice uno dei gesuiti. Mi accompagna in uno di questi, dove vicino c’è un deposito dell’Asia. Vedo rifiuti dappertutto.” Ma come l’Asia?” – chiedo-  “Troppa burocrazia, non fanno niente per raccogliere i rifiuti, rimandano, si giustificano “,è la risposta. Nel viottolo che ci porta al campo i rifiuti ci fanno da cornice, vediamo un camper del volontariato che gira e poi ci fermiamo. Con l’aria gioiosa il mio accompagnatore parla con una famiglia, e poi con un adolescente, prende appuntamento per lui e con lui, nel pomeriggio, alla Rettoria. Scampia ha molte facce, non tutte sono uguali, per fortuna, ma queste dei gesuiti dicono che c’è una Scampia felice, tutte dicono che attira ancora, e nessun dubbio può negare l’evidenza.
Vado poi al Centro Hurtado, che è un luogo di formazione per i giovani del quartiere Scampia, aperto alla città di Napoli e meta di gruppi provenienti da tutta Italia.

Un centro di formazione alla cultura e al lavoro, con botteghe artigiane e cooperative sociali di diverso tipo. E’ intitolato al santo cileno Alberto Hurtado, un gesuita che ha speso la vita per la popolazione più povera del proprio paese, coniugando ispirazione evangelica, azione diretta e riflessione sulle cause del sottosviluppo.
Andiamo a prendere alla stazione della metropolitana di Scampia un confratello gesuita, che non guida. “I problemi dei trasporti qui sono triplicati ,i collegamenti non ci sono, a volte aspetti alle fermate per più di un’ora” è il commento sconsolato del mio accompagnatore. Alle 13,30 davanti la fermata della metropolitana c’è il caos più totale di macchine e di persone che vengono a prendere i loro congiunti. Due giovani dell’Esercito che sono lì, per la sicurezza, fungono un po’ da vigili( a proposito, in una giornata trascorsa qui non ne ho visto nessuno.
Già in macchina con loro due il discorso non è nè riduttivo, nè evasivo.
Se parliamo di urbanistica qui da noi, c’è un movimento, ci sono logiche che si comprendono, altre no. Abbiamo cinque cantieri fermi, che vanno a rilento, a spizzichi e bocconi. Se ripartono, compreso quello dell’Università, riparte l’intera area.”
Ritorniamo per pranzo al loro appartamento. Si scambiano saluti con gli inquilini, qualcuno afferra le borse della spesa, e a spalle un poco più curve, adagio, si allontana.
Non capita tutti i giorni di pranzare con cinque gesuiti, i padri Sergio Sala, Fabrizio Valletti, Domenico Pizzuti, Valter Bottaccio e Marco Colò. Sembra di stare un po’ in conclave e un po’ all’università.
Qui da noi la politica è carente, è un po’ un disastro” è l’incipit iniziale. “E le scuole?” –  domando.  “Ci sono di ogni ordine e grado, ci sono state esperienze innovative. Nel territorio ci sono poi, promossi dai volontari, cinque dopo scuola per bambini ed adolescenti.”
Il tema della cultura e dei giovani è al centro della nostra discussione. “Se si apre l’Università, farmacia e scienza dell’alimentazione o altre facoltà, nasce una speranza grande. I nostri giovani non sono educati da noi, ma dalla cultura, sono però un po’ individualisti. Con loro non c’è ancora una svolta, facciamo fatica
La loro potenzialità dell’essere sacerdoti, il loro amore per il popolo di Scampia, un amore tenace, il loro non perdere tempo, le loro diversità di doni e carismi si intrecciano nella nostra agape fraterna. E poi parliamo dell’ultima esortazione di papa Francesco, gesuita come loro, il pensiero forte dell'”Amoris laetitia”. La camorra c’è a Scampia, ma con loro, nella discussione è una questione di contesto, è soffermarsi sui dettagli e perdere di vista l’insieme.
In un quartiere sbiadito, una buona notizia per un istante, mi ha svelato una segreta domanda: l’amore cambia la vita.

 

Nota

L’articolo è apparso su il quotidiano il Mattino, Venerdì 20 Maggio

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