Valentina, 37 anni, ha partorito la sua prima figlia, Chiara, il 4 marzo a Milano. Non avrebbe mai pensato, immaginando questo giorno, di viverlo in un momento di emergenza. La sua è una delle tante storie di questi tempi in cui le abitudini che sembravano più consolidate, non lo sono più, le sue parole lasciate a Vanity Fair. Ecco quanto evidenziato da “Linkabile”:
La sua è una delle tante storie di questi tempi in cui le abitudini che sembravano più consolidate, non lo sono più. «Avevo scelto questo ospedale perché è molto attento al rapporto dei neonati con la famiglia», dice. «Qui c’è un’ospedalizzazione molto famigliare che permette al padre e anche agli altri parenti di restare sempre in camera per vivere insieme i primi giorni del bebè. Invece con il coronavirus è cambiato tutto. L’ospedale ha scelto misure restrittive che non permettono la presenza in camera di nessuno, se non nei momenti di visita».
Quando può ricevere visite?
«Se di norma avrei potuto avere la presenza del mio compagno 24 ore su 24, ora può entrare solo 2 ore al giorno. Tutte le altre visite non sono permesse. E questo naturalmente crea un disagio alle neomamme che vorrebbero un aiuto o una presenza in più».
Chi ha potutto assistere al parto?
«Solo il padre. Anche se credo proprio dopo questo weekend le cose siano cambiate e non possa entrare nessuno, nemmeno il padre».
Qual era la tua paura all’idea di partorire nei giorni della diffusione del coronavirus?
«In generale ho avuto il timore di ammalarmi. Il mio pensiero principale era quello di proteggere questo momento speciale in tutti i modi. Nei giorni precedenti non sono mai uscita di casa, non ho visto nessuno e ho cercato di seguire la seplice regola che vuole che meno relazioni con gli altri si hanno, meno si ha possibilità di ammalarsi. Avevo già deciso di non seguire le due ultime lezioni del corso preparto, mentre 8 mamme su 10 avevano confermato che ci sarebbero state. Poi è stato l’ospedale stesso ad annullarle».
I giorni in ospedale come stanno passando?
«Le restrizioni mi hanno messa un po’ a disagio, mi hanno fatto sentire un po’ sola e senza aiuto piscologico. La sensazione è tra il triste e il dispiaciuto, perché è un momento così importante che vorresti che tutto fosse al massimo, mentre invece devi rinunciare ai momenti con la famiglia e gli amici. È tutto un po’ strano rispetto a quello che avevi immaginato, senza condividere la gioia dei primi momenti. Dall’altra parte sono contenta perché anche in questi momenti difficili i bambini continuano a nascere sani, felici e contenti».
Ci sono altri controlli particolari legati al momento?
«L’ospedale è stato “blindato”, non tutte le zone sono accessibili, ad alcuni reparti è chiuso l’accesso. È richiesto di non fermarsi nei salottini di attesa. Per ora qui non ci sono malati di coronavirus anche se è possibile che nelle prossime settimane anche questo ospedale li possa accogliere. L’atmosfera è strana, tante persone girano con le mascherine, tranne i medici».
Il personale com’è?
«Sia i medici che gli inferieri sono molto gentili ed empatici, capiscono che sono settimane difficile e la situazione è quasi surreale. Ci aiutano a capire e a gestire il disagio, anche se è chiaro che le misure sono pensate per proteggere la nostra salute».
Inviterai amici e parenti a casa?
«No assolutamente, e i miei amici sono i primi che hanno detto che non verranno. Voglio evitare che i luoghi dove sta la bimba siano affollati. Saremo solo noi, io e il mio compagno e i nostri genitori. Mia madre che è venuta dalla Sicilia già da qualche settimana sarà a casa con noi. Ed è trincerata in casa».
Quali abitudini cambieranno?
«Sicuramente staremo a casa. Riprenderemo abitudini che danno sicurezza, anche solo se psicologica. Andremo a fare qualche passeggiata se sarà possibile, e non in luoghi affollati. Per ora restringeremo il cerchio. Io sono una viaggiatrice e senza dubbio lo sarò anche da madre, ma quest’estate staremo in Italia invece di andare all’estero».