Certo, erano le Regionali, ma una riflessione sul voto e i risvolti nazionali, con le dovute distinzioni, occorre farla: una valutazione su dati, astensione e nuovi equilibri che escono dal voto.
Emerge la flessione dei maggiori partiti, tranne la Lega. Cala anche il PD che vince in 5 regioni su 7. In media il PD si è fermato al 25% così tanto criticato dal Premier.
Rispetto alle europee, al maggio dei record, il partito di Renzi lascia a casa o ad altri partiti circa due milioni di voti.
Certo, nelle regioni al voto c’è stato un proliferare di liste del Presidente ed affini che hanno tolto voti al PD, anche se queste liste ottengono consensi disomogenei. Si passa dal 9,2 di Emiliano al 3,8 della Moretti e al 4,9 di De Luca.
Cresce anche il partito dei senza partito.
Questo dimagrimento del Pd rende oggi Renzi un vincitore un po’ barcollante e incerto e un po’ realista e meno tracotante.
Si è aperta una crepa oltre che nel Pd anche nell’opinione pubblica? Renzi paga le polemiche sulla legge elettorale e la riforma della scuola? Intanto da quando c’è lui il partito ha vinto in dieci Regioni.
Il PD è comunque il primo partito, tranne che in Veneto.
Renzi è stato riportato con i piedi per terra dal voto regionale, era abituato a lievitare. Certo, lui può allineare molte attenuanti.
Anche il Mov5 stelle perde consensi sia rispetto alle politiche che alle europee. Grillo e i suoi hanno saputo approfittare delle difficoltà degli avversari soprattutto in Liguria, Campania e Puglia.
Gli azzurri di Forza Italia sono dietro quasi dappertutto. Berlusconi è un capitolo ormai archiviato. Il suo nome non era presente nel simbolo. I numeri segnano uno scossone, anche se annunciato. Forza Italia perde più di due milioni di voti. rispetto al PDL del 2013 e quasi un milione rispetto alle europee.
La sinistra di Vendola esce sconfitta. Due consiglieri regionali nelle sette regioni ed anche il 9% di Pastorino in Liguria dimostra che non c’è tanto spazio a sinistra del Pd. Per gli elettori è chiaro invece che SEL ha una parentela stretta con il centrosinistra e il PD.
Secondo molti politologi l’astensionismo del voto regionale non fa notizia perché era scontato, previsto.
Io non credo che basti questa affermazione per sentirsi immuni da colpe.
La gente si sente spaesata, inquieta, distante dalla politica, non rappresentata, delusa. Il non voto è di protesta, ha una dimensione valoriale.
Tante le ragioni del non voto: – il linguaggio della politica che non attrae; – le Regioni sinonimo di scandali, per questo è stata alta l’affluenza invece per le comunali; – i conflitti all’interno dei partiti, compreso quello dei pentastellati; – la mancanza di nuovi leader nel centrodestra; – il tema dell’impresentabilità dei politici; – la frammentazione del bipolarismo, il vincitore governatore è stato votato da una quota compresa tra un quarto e un quinto degli elettori.
Vincitori e vinti sbagliano se il loro riflesso istintivo è di difesa.
Tutti hanno bisogno di una visione meno autocompiaciuta e più autocritica.
Purtroppo il potere resta potere, anche quello monarchico illuminato e risoluto.
Non si vuol capire che il Papa e il contadino sbagliano di meno se a decidere non è solo il Papa o solo il contadino.
Resta difficile di questi tempi fare sia il Papa che il contadino!