Borse in profondo rosso.
Tonfo invece per Wall Street, che chiude ai mini da 13 mesi. L’ondata di vendite che si abbatte sui mercati azionari è legata all’azione delle banche centrali, che rapidamente si avviano a ritirare le misure di stimolo messe in campo per la pandemia nel tentativo di contenere l’inflazione, e agli investitori che frettolosamente fanno un passo indietro di fronte ai segnali di rallentamento della crescita. A preoccupare sono le notizie che arrivano dalla Cina dove i lockdown per il Covid iniziano a farsi sentire sull’economia facendo tremare il resto del mondo.
Le esportazioni cinesi sono rallentate significativamente in aprile salendo di un modesto 3,9%, in quella che è la prima crescita a una sola cifra da 18 mesi. Alla frenata di Pechino si sommano le incertezze legate alla guerra in Ucraina e agli effetti delle sanzioni.
L’invasione ha accelerato la corsa dei prezzi a livello globale spingendo le banche centrali a intervenire in modo deciso nei confronti di un’inflazione ai massimi da 40 anni. Per riportare stabilità nei prezzi la Fed si è lanciata nella campagna di rialzi dei tassi di interesse più aggressiva dal 1980 accompagnata da una rapida riduzione del bilancio, schizzato a 9.000 miliardi di dollari con la pandemia.
Dopo aver alzato i tassi di un quarto di punto in marzo, la banca centrale americana li ha ritoccati di un altro mezzo punto in maggio e aperto la porta a una serie di rialzi da 50 punti base nelle prossime riunioni.
La stretta, è il timore di economisti e investitori, rischia di far scivolare in recessione l’economia americana, non ancora completamente ripartita dopo la pandemia, o ancora peggio in stagflazione. Proprio la Fed, nel suo rapporto semestrale sulla stabilità finanziaria, afferma che l’inflazione alta e persistente insieme a un repentino aumento dei tassi di interesse sono fra i rischi maggiori di breve termine per il sistema finanziario americano.
La banca centrale mette in guardia anche sulla possibilità che la guerra in Ucraina possa avere un impatto sulla stabilità finanziaria, oltre che sull’economia globale come notato dal segretario al Tesoro Janet Yellen. Un quadro complesso in cui l’incertezza, maggiore nemico delle borse, prevale. A Wall Street – dove il Dow Jones chiude in calo dell’1,99%, il Nasdaq del 4,29% e lo S&P 500 del 3,21% – a pagare il prezzo più alto sono i tecnologici.
Dopo una corsa durata due anni con il Covid, Big Tech non solo frena ma inchioda. Da Meta a Google, da Apple ad Amazon tutti i grandi colossi accusano perdite pesanti. Cupertino perde il 3,08%, il gigante di Jeff Bezos arretra del 5,12% e Facebook e Twitter il 3,69% “La volatilità del mercato mostra che c’è una grande incertezza su dove si pensa siamo diretti“, affermano alcuni analisti preoccupati dalla Fed e dai limiti della sua azione nel combattere l’inflazione in un contesto di guerra in Ucraina che mette le ali ai prezzi dell’energia e di lockdown in Cina che rendono difficile un ritorno alla normalità delle catene di approvvigionamento. Al calo delle borse si affianca quello del petrolio, con il Wti che chiude in calo del 6,1%, e il tonfo del Bitcoin.
La criptovaluta crolla ai scende sotto i 31.000 dollari, perdendo il 50% del suo valore dal picco di novembre. Proprio rispetto a sette mesi fa il mercato delle valute digitali manda in fumo 1.600 miliardi di dollari .”Con i timori di inflazione molti investitori stanno adottando un approccio per limitare i rischi che include la vendita di criptovalute e titoli azionari”, mettono in evidenza gli osservatori. Per gli scettici del cripto il calo mostra come il Bitcoin non può essere considerato un bene rifugio: la valuta digitale ha perso quest’anno oltre 29% rispetto al -10% dei bond e delle azione e soprattutto rispetto al +2,5% dell’oro, il bene rifugio per eccellenza.(ANSA)