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Yoga in carcere: Fa stare meglio, induce a comportamenti meno aggressivi e combatte il tasso di recidiva

Lo yoga è equilibrio dell’anima, che guarda all’esistenza con un punto di vista equanime, in tutti i suoi aspetti. Come un diamante ben tagliato presenta molte sfaccettature, ognuna delle quali riflette un diverso tono di luce, così il termine yoga riflette un significato e rivela aspetti differenti dell’intera gamma dello sforzo umano diretto al raggiungimento della pace interiore e della felicità; rimanere quieto di fronte al successo o al fallimento.

Lo yoga è il metodo con cui si calma la mente irrequieta, mentre l’energia vitale è direzionata costruttivamente. Non è uno stile di vita per chi mangia troppo o troppo poco, né per chi dorme troppo o troppo poco; è per tutti e si prefigge lo scopo eliminare ogni dolore e ogni pena sfruttando la moderazione nel mangiare e nel riposare, regolando le attività ed armonizzando il sonno e la veglia.  Infatti, la pratica dello yoga applicata alle carceri,  da uno studio emerge che è uno strumento ideale per la riabilitazione fisica e mentale dei detenuti: la disciplina infatti è in grado di migliorare l’umore e lo stato di salute mentale in cella, ridurre la propensione a comportamenti aggressivi e antisociali dei carcerati e di far calare il tasso di recidiva. Il percorso che i detenuti devono affrontare per avere nuovi contatti con l’ambiente esterno ed essere reinseriti nella società è alle volte lungo e tortuoso anche per via di numerosi problemi psicologici. Basti pensare che secondo i dati del Ministero della Salute il 40% dei reclusi soffre di disturbi psichici, causati da forme di dipendenza da sostanze, problemi nevrotici e di adattamento. In una ricerca della Oxford University e rilanciata dalla BBC, sessioni prolungate di yoga in carcere aiutano a migliorare lo stato di salute mentale dei detenuti, alleviando i livelli di ansia e depressione, e portano a un calo della recidiva. Pratica che potrebbe tornare utile alle oltre 50mila persone che affollano le carceri italiane, secondo i dati ISTAT, e al 68% di coloro che tendono nuovamente a finire tra le sbarre ripetendo gli stessi errori. Ma non è tutto, perché da una ricerca della Washington State University e pubblicata su Science Daily praticare yoga in carcere aiuta i detenuti nel creare relazioni più sane con i compagni di cella, aumenta la loro sensazione di autostima e riduce la propensione a comportamenti aggressivi e antisociali.

Alcuni esercizi di yoga, armonizzati con tecniche respiratorie e di concentrazione mentale, consentono la sperimentazione di uno stato di equilibrio nervoso che si riflette sulla percezione generale del carcerato, fornendogli una diversa condizione di calma e autocontrollo. Le sessioni di yoga possono risultare utili anche agli operatori nelle carceri, spesso sottoposti a un grave peso psicologico dovuto al loro lavoro: da un’indagine britannica condotta in un carcere di Manchester e pubblicata su The Telegraph è emerso che oltre 60 addetti dello staff hanno migliorato la propria condizione di salute fisica e mentale grazie a questa disciplina.L’utilizzo positivo dello yoga come strumento di riabilitazione per i detenuti è un pensiero condiviso dalla dottoressa Amy Bilderbeck del dipartimento di psichiatria e psicologia alla Oxford University, che ha dichiarato alla BBC: “I nostri ricercatori hanno individuato come i detenuti sottoposti a una sessione intensiva di 10 settimane di yoga hanno migliorato notevolmente le loro condizioni di salute mentale, risultando più inclini alla partecipazione di attività educative rispetto a coloro che continuavano la solita routine. Più della metà dei carcerati adulti torna dietro le sbarre dopo un anno ripetendo gli errori del passato. Per questo motivo sensibilizzare le carceri nell’utilizzo di sedute di yoga e meditazione diventa un monito fondamentale per ridurre il tasso di recidiva e aiutare i detenuti nel loro percorso di riabilitazione all’interno della società”.

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